jonas karlsson
Dalla tesi di laurea di Giulia Chiantia, Traduzione e commento del racconto 14 februari di Jonas Karlsson
Peter lo sente bene. Sente bussare nel mezzo della lezione di svedese. Lo sente prima di tutti gli altri e capisce che è fino a lì che sono arrivati, nel loro pellegrinaggio di classe in classe, giù per i corridoi.
Ora arrivano.
Dall'esterno qualcuno abbassa la maniglia, ma la porta è chiusa. Per un attimo ha il tempo di pensare: Se adesso non apriamo, magari passeranno oltre?
Ma bussano un'altra volta. Brevi, deboli colpi su una porta moderna e ben isolata, con scarsa risonanza. È Peter l'unico che li sente? Nessun altro nota la maniglia abbassata?
Oppure anche altri, lì dentro, non hanno voglia di aprire? Forse non c'è nessuno in classe che li voglia far entrare? Adesso ci avete proprio stufati. Siamo troppo cresciuti per queste cose. Potete starvene lì a bussare.
Hansson continua a spiegare i comparativi e i superlativi organici, ma Peter ha smesso di ascoltare. Il resto della classe sfoglia i propri libri e prende nota diligentemente di ciò che dice Hansson. Tutti sembrano immersi nella grammatica. Buono, migliore, ottimo.
Peter lo sente bene. Sente bussare nel mezzo della lezione di svedese. Lo sente prima di tutti gli altri e capisce che è fino a lì che sono arrivati, nel loro pellegrinaggio di classe in classe, giù per i corridoi.
Ora arrivano.
Dall'esterno qualcuno abbassa la maniglia, ma la porta è chiusa. Per un attimo ha il tempo di pensare: Se adesso non apriamo, magari passeranno oltre?
Ma bussano un'altra volta. Brevi, deboli colpi su una porta moderna e ben isolata, con scarsa risonanza. È Peter l'unico che li sente? Nessun altro nota la maniglia abbassata?
Oppure anche altri, lì dentro, non hanno voglia di aprire? Forse non c'è nessuno in classe che li voglia far entrare? Adesso ci avete proprio stufati. Siamo troppo cresciuti per queste cose. Potete starvene lì a bussare.
Hansson continua a spiegare i comparativi e i superlativi organici, ma Peter ha smesso di ascoltare. Il resto della classe sfoglia i propri libri e prende nota diligentemente di ciò che dice Hansson. Tutti sembrano immersi nella grammatica. Buono, migliore, ottimo.
Da Jonas Karlsson: Il secondo gol (Det andra målet)
Quando racconti del primo gol che hai fatto nell'amichevole tra BK Högarna e Viking-Söder, di come hai agganciato il pallone calciato in profondità e, solo davanti al portiere, con grande freddezza l’hai piazzato nell’angolino basso all’interno del palo, quando fai vedere sul pavimento della cucina come hai segnato anticipando i compagni di squadra con un elegante gesto atletico soffiato a un famosissimo brasiliano, che a lungo hai atteso di poter sfoderare... allora qualcuno ti chiede del secondo gol. Ed è allora, quando tutti ti guardano in attesa della continuazione e sorridendo, con quell’aria lì di ammirazione, vogliono sentire tutti i dettagli... è allora che te ne rendi conto – che non hai fatto nessun secondo gol – che l’hai solo pensato. Che hai pensato quanto sarebbe stato bello. Che ti sei fatto un film.
E così, quando ti chiedono quanti gol hai fatto, rispondi:
”Due.” [...]
Tradotto dalla classe di Lingua svedese II-III 2017/2018
Quando racconti del primo gol che hai fatto nell'amichevole tra BK Högarna e Viking-Söder, di come hai agganciato il pallone calciato in profondità e, solo davanti al portiere, con grande freddezza l’hai piazzato nell’angolino basso all’interno del palo, quando fai vedere sul pavimento della cucina come hai segnato anticipando i compagni di squadra con un elegante gesto atletico soffiato a un famosissimo brasiliano, che a lungo hai atteso di poter sfoderare... allora qualcuno ti chiede del secondo gol. Ed è allora, quando tutti ti guardano in attesa della continuazione e sorridendo, con quell’aria lì di ammirazione, vogliono sentire tutti i dettagli... è allora che te ne rendi conto – che non hai fatto nessun secondo gol – che l’hai solo pensato. Che hai pensato quanto sarebbe stato bello. Che ti sei fatto un film.
E così, quando ti chiedono quanti gol hai fatto, rispondi:
”Due.” [...]
Tradotto dalla classe di Lingua svedese II-III 2017/2018
Da Jonas Karlsson: Il mio amico al Gondolen 1 (Min kompis på Gondolen 1)
Io e un mio amico dovevamo pranzare al ristorante Gondolen, a mezzogiorno e mezzo. A mezzogiorno e venti ero già sul posto. Il maître mi venne incontro all’ingresso.
«Quanti siete?»
«Io e un altro.»
«Prego, si accomodi pure al bar nell’attesa.»
Il guardarobiere prese la mia giacca e la appese nel guardaroba.
Andai a sedermi al bar e ordinai un’acqua Ramlösa.
All’una meno un quarto mi chiamò il mio amico per dire che non poteva venire. Se n’era dimenticato… ma poi l’appuntamento non era domani?
«No, era oggi.»
«Ero proprio convintissimo che fosse domani.»
«Sì… però era oggi.»
Decidemmo allora di vederci il giorno dopo nello stesso posto. Dopo aver messo giù, mi sembrò strano che mi avesse chiamato oggi, se davvero credeva che l’appuntamento fosse domani.
Finii la Ramlösa e pagai. Mentre ritiravo la giacca, il guardarobiere disse che non c’era bisogno di pagare. Non se ne faceva niente.
«Perché? Di cosa?»
«Non è arrivato nessuno.»
Il giorno successivo tornai puntualissimo alle 12:30, ma il mio amico non c’era ancora. Aspettai fuori per un po’, ma poi decisi di entrare.
«Quanti siete oggi?» chiese il maître.
Oggi? Due» risposi.
Appesi la giacca nel guardaroba e andai a sedermi al bar. Il barista era alle prese con un gruppo di clienti stranieri che parlavano un inglese terribile. Di tanto in tanto mi dava un’occhiata quasi a scusarsi per la lunga attesa. [...]
Tradotto dalla classe di Lingua svedese II-III 2017/2018
Io e un mio amico dovevamo pranzare al ristorante Gondolen, a mezzogiorno e mezzo. A mezzogiorno e venti ero già sul posto. Il maître mi venne incontro all’ingresso.
«Quanti siete?»
«Io e un altro.»
«Prego, si accomodi pure al bar nell’attesa.»
Il guardarobiere prese la mia giacca e la appese nel guardaroba.
Andai a sedermi al bar e ordinai un’acqua Ramlösa.
All’una meno un quarto mi chiamò il mio amico per dire che non poteva venire. Se n’era dimenticato… ma poi l’appuntamento non era domani?
«No, era oggi.»
«Ero proprio convintissimo che fosse domani.»
«Sì… però era oggi.»
Decidemmo allora di vederci il giorno dopo nello stesso posto. Dopo aver messo giù, mi sembrò strano che mi avesse chiamato oggi, se davvero credeva che l’appuntamento fosse domani.
Finii la Ramlösa e pagai. Mentre ritiravo la giacca, il guardarobiere disse che non c’era bisogno di pagare. Non se ne faceva niente.
«Perché? Di cosa?»
«Non è arrivato nessuno.»
Il giorno successivo tornai puntualissimo alle 12:30, ma il mio amico non c’era ancora. Aspettai fuori per un po’, ma poi decisi di entrare.
«Quanti siete oggi?» chiese il maître.
Oggi? Due» risposi.
Appesi la giacca nel guardaroba e andai a sedermi al bar. Il barista era alle prese con un gruppo di clienti stranieri che parlavano un inglese terribile. Di tanto in tanto mi dava un’occhiata quasi a scusarsi per la lunga attesa. [...]
Tradotto dalla classe di Lingua svedese II-III 2017/2018
Da Jonas Karlsson, L'arte di stare in coda (Követt)
Non ha la minima idea di come ci si debba mettere in coda. Adesso è tutta a destra, vicina allo scaffale delle caramelle. Stando così lontana dalla coda, di spalle e tutta impegnata a passare in rassegna i pacchetti di caramelle, niente fa pensare che sia aspettando il suo turno, o che stia aspettando, comunque. Non ha nient'altro che l'aria di una che sta facendo la spesa.
E' vero che avrei potuto essere arrivato dopo ed esserle passato davanti negli ultimi secondi... ma lei non può saperlo. E' impossibile che mi abbia tenuto d'occhio da lì. Del resto io non vedo la sua faccia, ma solo la schiena. E quella schiena continua a fare la spesa. [...]
Traduzione di Paola Gambino
Non ha la minima idea di come ci si debba mettere in coda. Adesso è tutta a destra, vicina allo scaffale delle caramelle. Stando così lontana dalla coda, di spalle e tutta impegnata a passare in rassegna i pacchetti di caramelle, niente fa pensare che sia aspettando il suo turno, o che stia aspettando, comunque. Non ha nient'altro che l'aria di una che sta facendo la spesa.
E' vero che avrei potuto essere arrivato dopo ed esserle passato davanti negli ultimi secondi... ma lei non può saperlo. E' impossibile che mi abbia tenuto d'occhio da lì. Del resto io non vedo la sua faccia, ma solo la schiena. E quella schiena continua a fare la spesa. [...]
Traduzione di Paola Gambino
Da Jonas Karlsson: La lettera (Brevet)
Era mercoledì quando Jan Larsson scorse la lettera.
Stava sul cruscotto, dietro al parabrezza. Una busta bianca formato A4, affrancata e con un indirizzo elegantemente scritto a mano.
L'aveva notata per caso, lì nel parcheggio, dopo il lavoro. Perché aveva guardato in quel punto proprio allora? Non lo sapeva. Aveva appena tolto il volantino pubblicitario dalla sua macchina e ci stava girando attorno con un raschietto di plastica per grattare via la brina che ostruiva la vista dall’altra parte del vetro, quando gli capitò di sbirciare sul parabrezza del vicino e gli sembrò di vedere qualcosa di familiare. Qualcosa che mise direttamente in relazione con se stesso.
Il suo nome e il suo indirizzo. Su una busta bianca e affrancata. Senza mittente ma con uno di quei piccoli adesivi di Greenpeace che dimostrano il supporto fornito con una donazione mensile.
Poco prima aveva fretta di tornare a casa. Aveva contato gli ultimi minuti che mancavano alle cinque, quando avrebbe potuto spegnere il computer, raccogliere le sue cose, lasciare l’ufficio e andarsene a casa a guardare la tv e mangiarsi un boccone. Magari anche bersi un bicchiere di vino. [...]
Trad. Michele Sanna, Tommaso Gattuso, Giulia Agostinelli
Era mercoledì quando Jan Larsson scorse la lettera.
Stava sul cruscotto, dietro al parabrezza. Una busta bianca formato A4, affrancata e con un indirizzo elegantemente scritto a mano.
L'aveva notata per caso, lì nel parcheggio, dopo il lavoro. Perché aveva guardato in quel punto proprio allora? Non lo sapeva. Aveva appena tolto il volantino pubblicitario dalla sua macchina e ci stava girando attorno con un raschietto di plastica per grattare via la brina che ostruiva la vista dall’altra parte del vetro, quando gli capitò di sbirciare sul parabrezza del vicino e gli sembrò di vedere qualcosa di familiare. Qualcosa che mise direttamente in relazione con se stesso.
Il suo nome e il suo indirizzo. Su una busta bianca e affrancata. Senza mittente ma con uno di quei piccoli adesivi di Greenpeace che dimostrano il supporto fornito con una donazione mensile.
Poco prima aveva fretta di tornare a casa. Aveva contato gli ultimi minuti che mancavano alle cinque, quando avrebbe potuto spegnere il computer, raccogliere le sue cose, lasciare l’ufficio e andarsene a casa a guardare la tv e mangiarsi un boccone. Magari anche bersi un bicchiere di vino. [...]
Trad. Michele Sanna, Tommaso Gattuso, Giulia Agostinelli