Dan andersson (1888-1920)
Aspetto…
Aspetto accanto al fuoco mentre le ore scorrono,
mentre le stelle vagano e le notti passano.
Aspetto una donna da contrade lontane –
la mia amata, amatissima dagli occhi azzurri.
Mi immaginavo un innevato fiore vagante
e sognavo una beffarda risata tremante,
credevo di veder arrivare la donna più amata
attraverso il bosco e le brughiere, una notte pesante di neve.
Felice volevo portare sulle mani la mia donna sognata
laggiù, oltre le sterpi, dove sta la mia capanna,
e levare un grido di gioia alla mia amata:
Benvenuta sei tu, attesa per anni in solitudine!
Aspetto accanto alla carbonaia mentre le ore scorrono/avanzano,
mentre i boschi cantano e le notti passano.
Aspetto una viandante da contrade lontane –
la mia amata, amatissima dagli occhi azzurri.
Gli allievi del corso di Lingua svedese III 2019/2020
© Paolo Marelli 2020
Aspetto accanto al fuoco mentre le ore scorrono,
mentre le stelle vagano e le notti passano.
Aspetto una donna da contrade lontane –
la mia amata, amatissima dagli occhi azzurri.
Mi immaginavo un innevato fiore vagante
e sognavo una beffarda risata tremante,
credevo di veder arrivare la donna più amata
attraverso il bosco e le brughiere, una notte pesante di neve.
Felice volevo portare sulle mani la mia donna sognata
laggiù, oltre le sterpi, dove sta la mia capanna,
e levare un grido di gioia alla mia amata:
Benvenuta sei tu, attesa per anni in solitudine!
Aspetto accanto alla carbonaia mentre le ore scorrono/avanzano,
mentre i boschi cantano e le notti passano.
Aspetto una viandante da contrade lontane –
la mia amata, amatissima dagli occhi azzurri.
Gli allievi del corso di Lingua svedese III 2019/2020
© Paolo Marelli 2020
Il musicante
Sono un musicante, suonerò ai funerali e alle danze,
Sotto il sole e quando le nubi oscureranno la rosea danza lunare.
Non voglio sentire consigli, voglio suonare ciò che voglio,
Suono per dimenticarmi della mia esistenza.
Non voglio trebbiare la segale, non voglio sgranare il lino,
Poiché la mano con l’archetto vibrante deve rimanere morbida e fine.
Non mi dovete rimproverare o chiamarmi pigro,
Preferisco soffrire la fame invece che suonare per sfamarmi.
Non voglio zappare la terra, non voglio segare la legna,
Voglio sognare sotto i ciliegi fino a quando il sole scende.
E nell’incendio rosso della sera mi eleverò col mio violino
E suonerò finché i vostri occhi brilleranno roventi come sole al tramonto.
Suonerò quando seppellirete i vostri cari sotto terra,
Suonerò tutto il dolore in una ballata muta.
E il buio della morte che si è presentato al vostro letto,
Fluirà come un fiume di dolore dalle mie corde.
Vi accompagnerò attraverso le valli nella grande notte dell’autunno,
E nel fumo di centinaia di carbonaie canterò come un dannato.
E quando la notte ondeggia nera di pece sopra la schiuma della palude silvestre,
Il mio basso griderà dal fondo dell’anima dell’uomo.
Ho tre corde del dolore- la quarta si è spezzata,
Si è rotta in un fremito sulla tomba del mio migliore amico.
Ma fin dentro alla morte voglio accompagnarvi con un canto -
E voglio morire e voglio suonare fino al giorno della resurrezione.
© Teresa Rabbia 2020
Sono un musicante, suonerò ai funerali e alle danze,
Sotto il sole e quando le nubi oscureranno la rosea danza lunare.
Non voglio sentire consigli, voglio suonare ciò che voglio,
Suono per dimenticarmi della mia esistenza.
Non voglio trebbiare la segale, non voglio sgranare il lino,
Poiché la mano con l’archetto vibrante deve rimanere morbida e fine.
Non mi dovete rimproverare o chiamarmi pigro,
Preferisco soffrire la fame invece che suonare per sfamarmi.
Non voglio zappare la terra, non voglio segare la legna,
Voglio sognare sotto i ciliegi fino a quando il sole scende.
E nell’incendio rosso della sera mi eleverò col mio violino
E suonerò finché i vostri occhi brilleranno roventi come sole al tramonto.
Suonerò quando seppellirete i vostri cari sotto terra,
Suonerò tutto il dolore in una ballata muta.
E il buio della morte che si è presentato al vostro letto,
Fluirà come un fiume di dolore dalle mie corde.
Vi accompagnerò attraverso le valli nella grande notte dell’autunno,
E nel fumo di centinaia di carbonaie canterò come un dannato.
E quando la notte ondeggia nera di pece sopra la schiuma della palude silvestre,
Il mio basso griderà dal fondo dell’anima dell’uomo.
Ho tre corde del dolore- la quarta si è spezzata,
Si è rotta in un fremito sulla tomba del mio migliore amico.
Ma fin dentro alla morte voglio accompagnarvi con un canto -
E voglio morire e voglio suonare fino al giorno della resurrezione.
© Teresa Rabbia 2020
Il musicante
Io sono un musicante, suono musica a funerali e danze,
al sole e quando le nuvole velano la fioca danza della luna.
Non voglio mai sentir consiglio, voglio suonare come voglio,
suono per dimenticare che io stesso esisto.
Non voglio trebbiare la segale, non voglio sgranare il lino,
perché la mano in cui l’archetto vibra va tenuta morbida e fine.
Non potete rimproverarmi né darmi del pigro,
anche se a volte preferisco la fame al suonare per mangiare.
Non voglio zappare la terra, non voglio tagliare la legna,
voglio sognare sotto i ciliegi finché il sole non tramonta.
E nel rosso fuoco della sera mi leverò col mio violino
Per suonar finché i vostri occhi non avvamperanno come il sole della sera.
Suonerò quando seppellirete i vostri cari sottoterra,
suonerò tutto il dolore in una ballata senza parole.
E la nera morte che visita il vostro capezzale
si riverserà dalle mie corde come un dolore scrosciante.
Camminerò per le valli nella lunga notte d’autunno,
e nel fumo di cento carbonaie canterò come un ossesso.
E quando la notte oscilla tetra sulla schiuma del laghetto boschivo,
i miei bassi grideranno dagli abissi dell’anima umana.
Tre corde di dolore possiedo – la quarta si è spezzata,
si è distrutta in un fremito sulla tomba del migliore amico.
Ma perfino nella morte voglio seguirvi cantando –
E voglio morire, voglio suonare fino a risorgere un giorno.
© Giovanni Desideri 2020
Io sono un musicante, suono musica a funerali e danze,
al sole e quando le nuvole velano la fioca danza della luna.
Non voglio mai sentir consiglio, voglio suonare come voglio,
suono per dimenticare che io stesso esisto.
Non voglio trebbiare la segale, non voglio sgranare il lino,
perché la mano in cui l’archetto vibra va tenuta morbida e fine.
Non potete rimproverarmi né darmi del pigro,
anche se a volte preferisco la fame al suonare per mangiare.
Non voglio zappare la terra, non voglio tagliare la legna,
voglio sognare sotto i ciliegi finché il sole non tramonta.
E nel rosso fuoco della sera mi leverò col mio violino
Per suonar finché i vostri occhi non avvamperanno come il sole della sera.
Suonerò quando seppellirete i vostri cari sottoterra,
suonerò tutto il dolore in una ballata senza parole.
E la nera morte che visita il vostro capezzale
si riverserà dalle mie corde come un dolore scrosciante.
Camminerò per le valli nella lunga notte d’autunno,
e nel fumo di cento carbonaie canterò come un ossesso.
E quando la notte oscilla tetra sulla schiuma del laghetto boschivo,
i miei bassi grideranno dagli abissi dell’anima umana.
Tre corde di dolore possiedo – la quarta si è spezzata,
si è distrutta in un fremito sulla tomba del migliore amico.
Ma perfino nella morte voglio seguirvi cantando –
E voglio morire, voglio suonare fino a risorgere un giorno.
© Giovanni Desideri 2020