hans Gunnarsson (1966-)
Da Skoda (1999)
Era fine maggio, si sentiva la pioggia nell'aria e io me ne stavo seduto al tavolo della cucina con la finestra aperta ad ascoltare P1 e a tagliarmi le unghie dei piedi con una forbice decisamente troppo grande. Non avevo progetti per la giornata. Jessica era andata al lavoro da molto, aveva appena incominciato a fare la supplente per le attività del doposcuola e tutti i giorni andava a qualche lago a giocare con i ragazzi, a cuocere delle salsicce sulla griglia, insomma a fare tutte quelle cose che si fanno all'aperto in quella stagione. Quanto a me, prendevo il sussidio di disoccupazione. Presto sarei stato disoccupato da sei mesi, l'ultimo lavoro che avevo fatto era come venditore telefonico di detersivi, a provvigione. Un tentativo senza speranza. Mi sentivo un idiota in quel ruolo e non riuscivo a vendere nemmeno una confezione. E poiché non ne ricavavo alcuno stipendio decisi che non restava che smettere. Dopo quell'esperienza ci andai più cauto, o quantomeno fui più realistico. A dire il vero, avevo qualche richiesta di lavoro in giro – la fabbrica di confetture, il panificio del supermercato, il ferramenta – ma non era nulla da cui potessi aspettarmi qualcosa. Non ero peraltro nemmeno tanto d'accordo con il mio consulente del lavoro su quanto fossero sensate queste proposte. Volevo qualcos'altro, non sapevo cosa, ma comunque qualcosa di diverso. Jessica vedeva le cose in tutt'altra maniera. Lei aveva la testa piena di new age. [...]
(trad. Anna Fochesato)
Era fine maggio, si sentiva la pioggia nell'aria e io me ne stavo seduto al tavolo della cucina con la finestra aperta ad ascoltare P1 e a tagliarmi le unghie dei piedi con una forbice decisamente troppo grande. Non avevo progetti per la giornata. Jessica era andata al lavoro da molto, aveva appena incominciato a fare la supplente per le attività del doposcuola e tutti i giorni andava a qualche lago a giocare con i ragazzi, a cuocere delle salsicce sulla griglia, insomma a fare tutte quelle cose che si fanno all'aperto in quella stagione. Quanto a me, prendevo il sussidio di disoccupazione. Presto sarei stato disoccupato da sei mesi, l'ultimo lavoro che avevo fatto era come venditore telefonico di detersivi, a provvigione. Un tentativo senza speranza. Mi sentivo un idiota in quel ruolo e non riuscivo a vendere nemmeno una confezione. E poiché non ne ricavavo alcuno stipendio decisi che non restava che smettere. Dopo quell'esperienza ci andai più cauto, o quantomeno fui più realistico. A dire il vero, avevo qualche richiesta di lavoro in giro – la fabbrica di confetture, il panificio del supermercato, il ferramenta – ma non era nulla da cui potessi aspettarmi qualcosa. Non ero peraltro nemmeno tanto d'accordo con il mio consulente del lavoro su quanto fossero sensate queste proposte. Volevo qualcos'altro, non sapevo cosa, ma comunque qualcosa di diverso. Jessica vedeva le cose in tutt'altra maniera. Lei aveva la testa piena di new age. [...]
(trad. Anna Fochesato)